Due settimane dopo il divieto imposto dai talebani alle donne che impedisce loro di lavorare nelle organizzazioni non governative, Save the Children mette in guardia sull’aumento del lavoro minorile in Afghanistan. Poiché alcune persone non ricevono più aiuti, molti bambini sono costretti, in condizioni pericolose, a contribuire al reddito e quindi alla sopravvivenza delle loro famiglie.
Save the Children ha dovuto sospendere temporaneamente i suoi programmi nel Paese dopo più di 45 anni, perché senza l’aiuto delle donne non poteva lavorare in modo sicuro ed efficace. Le donne rappresentano circa la metà degli oltre 5000 collaboratori in Afghanistan. Senza di loro non sarà possibile raggiungere soprattutto ragazze e donne che, per motivi culturali, non possono avere contatti con gli assistenti di sesso maschile.
«Nei nostri progetti aiutiamo le ragazze che svolgono lavori particolarmente pericolosi, ad esempio nelle fabbriche di mattoni, nei cantieri, nella raccolta dei rifiuti o che elemosinano per strada», racconta Hasina*, un’addetta alla protezione dei bambini di Save the Children. «Io e le mie colleghe andiamo di porta in porta a parlare con le ragazze. Le aiutiamo a tornare a scuola, le formiamo a svolgere una professione o ad avviare una piccola impresa tramite delle sovvenzioni. Ora che questo non è più possibile, molti bambini sono costretti a tornare alle situazioni precarie di prima.»
EMERGENZA UMANITARIA IN AFGHANISTAN
Save the Children, insieme ad altre organizzazioni internazionali, chiede l’immediata revoca del divieto e la garanzia da parte delle autorità competenti che le collaboratrici possano lavorare in sicurezza e senza impedimenti. In caso contrario, le conseguenze saranno devastanti per milioni di bambini, donne e uomini che in tutto l’Afghanistan hanno bisogno di aiuto.